cretinodicrescenzago reviewed The City In The Autumn Stars by Michael Moorcock (Von Bek, #2)
Romanzo valido seppur imperfetto, sequel un po' deludente
3 stars
Dopo The Warhound and the World's Pain ecco che concludiamo la dilogia dei Von Bek con The City in the Autumn Stars, in cui il buon ritter Manfred von Bek porta avanti la caccia al Graal del suo bisavolo Ulrich nell'anno 1793: nel complesso un romanzo superiore al primo sotto certi aspetti, inferiore sotto altri, sicuramente godibile ma non perfetto.
Partiamo dai meriti: anche questa volta Moorcock non si limita a scrivere un romanzo storico, bensì scrive direttamente le finte memorie del suo protagonista simulando una prosa antica, e di conseguenza la prima sezione del romanzo è un delizioso omaggio sardonico alla letteratura del tardo Illuminismo e proto Romanticismo, con Manfred tutto intento a meditare sui grandi filosofi della Ragione e a rigettare quel misticismo Sturm und Drang che però gli scorre nel suo sangue teutonico (esemplare la scena di vagabondaggi fra le Alpi svizzere che odora tanto di …
Dopo The Warhound and the World's Pain ecco che concludiamo la dilogia dei Von Bek con The City in the Autumn Stars, in cui il buon ritter Manfred von Bek porta avanti la caccia al Graal del suo bisavolo Ulrich nell'anno 1793: nel complesso un romanzo superiore al primo sotto certi aspetti, inferiore sotto altri, sicuramente godibile ma non perfetto.
Partiamo dai meriti: anche questa volta Moorcock non si limita a scrivere un romanzo storico, bensì scrive direttamente le finte memorie del suo protagonista simulando una prosa antica, e di conseguenza la prima sezione del romanzo è un delizioso omaggio sardonico alla letteratura del tardo Illuminismo e proto Romanticismo, con Manfred tutto intento a meditare sui grandi filosofi della Ragione e a rigettare quel misticismo Sturm und Drang che però gli scorre nel suo sangue teutonico (esemplare la scena di vagabondaggi fra le Alpi svizzere che odora tanto di Jacopo Ortis a Ventimiglia); in secondo luogo la suddetta atmosfera di trapasso fra le epoche va a colorare una trama solidissima di vagabondaggi e innamoramenti, permanenze in ostelli e cospirazioni truffaldine (l'ingegner St Odhran è una spalla fenomenale), che tiene incollati alla pagina come piace a me – e l'atmosfera quintessenzialmente mitteleuropea di Mirenburg è la ciliegina sulla torta. L'asino casca circa a metà romanzo, allorché si entra nel vivo della vicenda e le avventure di Manfred lo indirizzano inequivocabilmente alla ricerca del Graal, nell'eponima Città nelle Stelle Autunnali: a questo punto il ritmo della trama si impantana e ci dobbiamo sorbire diversi capitoli di situazioni autoreferenziali in cui l'intreccio non avanza di un millimetro e Moorcock ci inonda di scenette allegoriche e di ciance esistenziali – cosa che palesemente è di suo gusto, ma secondo me è un netto peggioramento rispetto al perfetto equilibrio fra concretezza e fantasmagoria, fra intreccio e atmosfera, che aveva trovato in The Warhound and the War Pain. E a peggiorare la situazione, laddove il cast di antagonisti del primo romanzo funzionava benissimo, a questo giro il trio Klosterheim-Montsorbier-Von Bresnvorts è una palla al piede che ingolfa l'intreccio con scontri senza costrutto: avrei preferito di gran lunga più spazio al rapporto deuteragonistico fra Manfred e Libussa! Ciò detto, il romanzo non si impantana in una sfilata di scene surreali come Moorcock farà tre anni dopo in The Fortress of the Pearl e arriva a un finale sontuoso che incolla alla pagina e lascia lo stomaco in subbuglio, resituendo quel senso di "sublime cosmico" e di "pietà e terrore" che chiaramente il giovane Moorcock aveva tentato, invano, di creare già in Stormbringer! (di cui per certi versi abbiamo una palinodia) – e ciò è un risultato notevolissimo che quasi compensa le debolezze precedenti.